Ogni volta mi domando cosa pensano le donne di noi uomini che usciamo dai supermercati carichi di mazzetti gialli la mattina dell’8 marzo.
Cosa pensa la signora anziana, mentre sceglie l’insalata meno appassita, soltanto mezzo metro più in là?
Cosa pensa quella al banco della gastronomia, che impacchetta con cura quattro fette di prosciutto in quattro fogli di carta plastificata?
Cosa pensa la giovane addetta che assiste i clienti impacciati alle casse automatiche, e cosa pensano le due appostate fuori dal tornello per distribuire auguri e ciuffetti di mimosa alle clienti cariche di spesa?
Cosa pensa la donna minuta che spinge nel parcheggio, con tutto il peso del suo corpo esile, un carrello riempito con 6 ceste d’acqua per la sua famiglia?
Cosa pensano le madri in coda al semaforo coi bimbi sul sedile posteriore, cercando di portarli più vicino possibile alla scuola per poter dire a sé stesse “anche oggi li ho tenuti per mano fino alla fine”?
Cosa pensano le mie colleghe al desk e quelle dei servizi generali, vedendomi entrare trionfante, col sorriso un po’ idiota e i mei fiori da supermercato?
Cosa pensano le “donne delle pulizie”, giunte al termine del turno, che ringraziano per i miei auguri garbati mentre svuotano l’ascensore dai sacchi neri da smaltire?
Cosa pensa la mia compagna, madre, figlia e manager, mentre affronta la settimana più difficile e io sono troppo lontano anche solo per darle un bacio contro l’amarezza?
Lancio i miei auguri dalla porta di un altro ufficio. Le tre colleghe rispondono in coro: “Altrettanto!”. Perché la Giornata della Donna è molte cose. Ma per le donne, io credo, è soprattutto un’altra giornata. Come ogni giorno, per tutte le donne, tutti i giorni dell’anno.
Per quel che vale, auguri a voi! (e altrettanto a noi)
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